E così riassumevo il mio pensiero: "Se io dovessi scrivere, in base alle opere esposte dai superstiti dell'ottocentismo, metterei avanti queste parole: l'Italia risorgeva col nuovo secolo dalla barbarie di un'arte piccolo-borghese. Il mezzo più efficace per farla progredire è rimetterla in condizioni di poter operare secondo la sua natura artistica, darle i caratteri sostanziali che la distinguono nei secoli dagli altri popoli". Ma intendiamoci. La nostra dottrina artistica per essere vitale non può circoscriversi nel meccanismo sbrigativo dei tradizionalisti vecchio stampo, ma deve considerare tutto il pensiero estetico moderno, raggiungere per condurle all'ordine perfetto tutte quelle costellazioni spirituali che lasciate a sé porterebbero l'arte verso la dissoluzione e la morte; salvare, in altre parole, quanto ancora c'è di vitale nel mondo moderno.
    L'arte italiana ha ancora una volta una funzione accumulatrice. Possiamo e dobbiamo accogliere liberamente quello che c'è di bene nelle attuali tendenze universalistiche dell'arte europea.
    Questo lavoro di raccoglimento e di costruzione è ormai il compito più urgente dell'arte contemporanea, ed è per sua natura lavoro conforme alla tradizione artistica italiana.
    L'arte italiana odierna è in sostanza ancora un insieme di romanticismo, di accademismo e di naturalismo, che è come dire una complicazione.
    Un'epoca di buona arte è, però, alle porte.



Nudo con violino, 1938
Venezia, collezione Cardazzo


Pino in riva al mare
Roma, collezione Casella

Carlo CARRA'     - pittore (Quargnento, Alessandria, 1881 - Milano 1966); dal 1939 al '52 professore nella Accademia di Brera, una delle figura più eminenti dell'arte italiana del Novecento. Nel 1909 con V. Boccioni, L. Russolo e F. T. Martinetti a Milano redasse il manifesto dei futuristi; nel 1916 fu, con G. De Chirico, il creatore della pittura metafisica; nel 1919 fu, con M. Broglio, alla testa del gruppo "Valori Plastici"; nel 1926 fece parte del gruppo "Novecento".
    Fu così tra i protagonisti dell'arte italiana nel primo e nel secondo venticinquennio del secolo, mantenendo in ogni fase un'aspirazione all'equilibrio classico che lascia comprendere la direzione da lui presa dopo il 1919 e che ha sostenuto permanentemente la sua feconda attività.
    Malgrado le giustificazioni nazionalistiche date alla sua pittura, la critica vi ha scoperto rapporti con la pittura francese anche nel periodo del "Novecento"volto a ritrovare, dopo il pittoricismo impressionista e lo spregiudicato avanguardismo futurista, un esplicito contatto con la tradizione e una concreta coscienza del valore della forma.
    Carrà, pur avendo affrontato temi monumentali, ha soprattutto prediletto paesaggi di austera semplicità, in cui talvolta la ricerca dei volumi, che muove da Cèzanne, si incontra con inaspettati riecheggiamenti della pittura italiana del Trecento.
    Tale problematica si riflette anche nell'opera di Carrà come scrittore e criticod'arte (Guerra -Pittura,1915; Pittura Metafisica, 1919: Giotto, 1924).

(dal "Lessico Universale Italiano" dell'Istituto della Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani)


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